martedì 16 novembre 2010

la lontananza sai ...

Sono a Roma.
Beata te che vai a Roma, farai shopping e ti rilasserai, finalmente da sola.
Questo mi dicevano le colleghe quando hanno saputo del mio viaggio.
Quello che  non sapevano era che sarebbe stata una toccata e fuga, partenza alle 19 di lunedì e rientro alle 18.50 del martedì, meno di 24 ore, praticamente.
 Inizialmente mi era piaciuta un sacco l’idea di fare un salto a Roma, mancavo da tanto tempo e poi Roma è sempre Roma.
Vado io!
Pensare che mi ero proposta io, come quando a scuola si andava volontari alle interrogazioni con la scusa di togliersi la materia di mezzo, ma in realtà perché minacciati dal resto della classe impreparato. 
Della serie tutti un passo indietro e parte chi resta avanti, cioè la sottoscritta.
Bene.
A prescindere che sono dovuta partire a mie spese, perché nel fondo cassa era rimasto solo il fondo, vuoto, e soldi per l’anticipo della missione non ce n’erano proprio.
A prescindere che ho lavorato fino a quando il capotreno non ha fischiato la partenza (signò, che fa, parte o resta giù?).
Quello che mi è pesato davvero e che non riesco ancora a dissimulare è stata la mancanza dei due nanitalpa e del loro papà.
Proprio io, io che scherzo sempre e minaccio di continuo di andare via di casa (a volte esco dalla porta, faccio il giro dell’isolato e torno su, con scarsi risultati purtroppo, visto che nessuno si è accorto della mia assenza).
Insomma, più mi allontanavo dalla città, dalla provincia, più entravo ed uscivo dalla altre regioni, più mi mancava il respiro e sentivo un senso di oppressione al cuore, un dolore che non mi ha fatto viaggiare tranquilla, a parte il mal di mare di cui al post precedente.
Coraggio, fra solo quindici ore risalgo sul treno dal muso rosa e torno ad abbracciare la tribù.

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